giovedì 30 aprile 2015

BIANCO



- Aspettami, arrivo subito.
- Dove vai?
- In bagno. Voglio farmi una doccia.
- No, vieni qui. Ti voglio con il tuo odore, misto al profumo della salsedine.
Marta si fermò di colpo, sulla porta. Una mano appoggiata allo stipite bianco. Era una bella camera d’albergo, ampia e luminosa, con una grande terrazza che si affacciava sul mare. Le finestre erano aperte, un vento fresco faceva entrare la voce delle onde gonfiando le tende bianche come grandi vele.
Restarono immobili per qualche manciata di secondi, guardandosi. Gli occhi di uno dentro quelli dell’altro, fino in fondo. Si cercavano, in quello sguardo, setacciavano l’anima nella speranza di trovarvi riflesso un barlume della propria.
- Vieni qui, bambina.
Marta obbedì al comando che uscì caldo e fermo dalla gola di quell’uomo. Camminò piano sul gelido pavimento di marmo chiaro, mettendo uno davanti all’altro i suoi piedi nudi e abbronzati. Le braccia molli lungo i fianchi, lo sguardo basso. Arrivata ai bordi del letto lo rialzò, ma non poté incontrare gli occhi di lui, incollati sul punto in cui il suo leggero vestito bianco accarezzava i suoi fianchi morbidi. La brezza estiva che entrava dalla finestra faceva muovere delicatamente quella stoffa, stuzzicando la sua fantasia. Marta non portava il reggiseno. Una spallina del vestito era scesa maliziosa sulla sua spalla rotonda. Lo sguardo di lui si soffermò per un attimo sul suo piccolo seno. Poteva disegnarne il contorno, ne immaginò il colore, il profumo, il sapore. Lo pensò dolce, gli ricordò il gusto del latte di mandorle.
- Spogliati.
Marta obbedì nuovamente. Lasciò cadere quel vestito leggero accanto ai suoi piedi, sul pavimento. Solo in quel momento lui si accorse che non indossava nemmeno gli slip. Ebbe un fremito mentre con gli occhi percorreva ogni angolo di quel corpo dorato.
Poi accadde qualcosa, simile al fragore di un tuono che squarcia l’aria carica di pioggia di un pomeriggio di marzo. Nel più assordante dei silenzi, Marta iniziò a piangere. Era immobile, le braccia sempre lungo i fianchi, il respiro tranquillo. Aveva lo sguardo fermo, due occhi che si specchiavano dentro quelli di un uomo steso su di un grande letto bianco. Sembrava una bambola, bellissima, con due guance solcate da lacrime salate. Vedendole gli venne in mente il sapore del mare, il profumo della salsedine. Allungando una mano avrebbe potuto toccarla, eppure sembrava così lontana, persa, racchiusa in quel pianto muto. Solo gli occhi mantenevano il contatto con quella stanza, con quell’uomo. Occhi del colore del cielo, della pioggia, dell’acqua. Occhi del colore del mare. Era un mare calmo quello che la attraversava, dolce come la nostalgia di un amore perduto tanti anni prima, portato via dalla corrente della sera, e mai più ritornato.
- Vieni qui, bambina. Vieni qui.
Fecero l’amore, in quella luminosa camera d’albergo, su quel letto bianco, sopra quel marmo chiaro. Il corpo da uomo di lui sulla pelle dorata di Marta, sotto la sua pelle di ragazza. Nella sua carne di donna. Tra le sue lacrime di bambina. La baciava, ed erano baci di una dolcezza infinita. In quell’incontro di labbra, e lingue, e pelle, e umori, quell’uomo cercava di asciugare tutte le lacrime di un’intera vita, le sue mescolate con quelle di Marta, le stesse lacrime, indistinguibili. Le beveva, e gli tornava in mente il sapore del mare, il profumo della salsedine.
Marta godeva, e non chiuse mai gli occhi. Erano occhi del colore del mare. Infiniti, smisurati. Occhi pieni di acqua salata, acqua che scorreva sul suo viso, sulla pelle di quell’uomo che la possedeva e la baciava – erano baci di una dolcezza infinita – acqua e onde che seguivano il ritmo di quei due corpi che facevano l’amore, asciugando in un gesto le lacrime di una vita intera.
Si scambiarono l’anima donandosi vita, e vennero insieme, stringendosi forte come nella paura di perdersi per sempre, in mezzo a lenzuola bianche, mentre un vento leggero entrava dalla finestra, portando la voce lontana delle onde e il profumo della salsedine. Gonfiando le tende come fossero vele. Accarezzando la pelle dorata di Marta. Stuzzicando la fantasia di un uomo. Asciugando le lacrime di una vita intera.




SIRENE





Ti desidero.
Sotto le lenzuola, mentre fuori esplode il temporale, mi ritrovo a cercarti muovendomi nel buio. Mi sfioro quasi distrattamente, e ti scopro a navigare nei pensieri. Ti vorrei qui, a riempire altre notti del nostro sudore, della saliva e dei gemiti che condensano l'aria tutto intorno.

Non esiste un domani, ci riempiamo della bellezza dell'attimo che esiste e si carica dei nostri respiri affannati, per dissolversi nell'esplodere del nostro orgasmo.

Non c'è niente di più vero e violento del sentirti dentro di me, un fiume in piena che mi travolge e mi porta alla deriva, superando la foce, attraversando gli oceani.
E ci trasciniamo sul fondale, complici dello stesso gioco al massacro.


Non c'è quiete in questi abissi. Solo l'assordante silenzio della tua assenza.