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Aspettami, arrivo subito.
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Dove vai?
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In bagno. Voglio farmi una doccia.
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No, vieni qui. Ti voglio con il tuo odore, misto al profumo della salsedine.
Marta
si fermò di colpo, sulla porta. Una mano appoggiata allo stipite bianco. Era
una bella camera d’albergo, ampia e luminosa, con una grande terrazza che si
affacciava sul mare. Le finestre erano aperte, un vento fresco faceva entrare
la voce delle onde gonfiando le tende bianche come grandi vele.
Restarono
immobili per qualche manciata di secondi, guardandosi. Gli occhi di uno dentro
quelli dell’altro, fino in fondo. Si cercavano, in quello sguardo, setacciavano
l’anima nella speranza di trovarvi riflesso un barlume della propria.
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Vieni qui, bambina.
Marta
obbedì al comando che uscì caldo e fermo dalla gola di quell’uomo. Camminò
piano sul gelido pavimento di marmo chiaro, mettendo uno davanti all’altro i
suoi piedi nudi e abbronzati. Le braccia molli lungo i fianchi, lo sguardo
basso. Arrivata ai bordi del letto lo rialzò, ma non poté incontrare gli occhi
di lui, incollati sul punto in cui il suo leggero vestito bianco accarezzava i
suoi fianchi morbidi. La brezza estiva che entrava dalla finestra faceva
muovere delicatamente quella stoffa, stuzzicando la sua fantasia. Marta non
portava il reggiseno. Una spallina del vestito era scesa maliziosa sulla sua
spalla rotonda. Lo sguardo di lui si soffermò per un attimo sul suo piccolo
seno. Poteva disegnarne il contorno, ne immaginò il colore, il profumo, il
sapore. Lo pensò dolce, gli ricordò il gusto del latte di mandorle.
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Spogliati.
Marta
obbedì nuovamente. Lasciò cadere quel vestito leggero accanto ai suoi piedi,
sul pavimento. Solo in quel momento lui si accorse che non indossava nemmeno
gli slip. Ebbe un fremito mentre con gli occhi percorreva ogni angolo di quel
corpo dorato.
Poi
accadde qualcosa, simile al fragore di un tuono che squarcia l’aria carica di
pioggia di un pomeriggio di marzo. Nel più assordante dei silenzi, Marta iniziò
a piangere. Era immobile, le braccia sempre lungo i fianchi, il respiro
tranquillo. Aveva lo sguardo fermo, due occhi che si specchiavano dentro quelli
di un uomo steso su di un grande letto bianco. Sembrava una bambola,
bellissima, con due guance solcate da lacrime salate. Vedendole gli venne in
mente il sapore del mare, il profumo della salsedine. Allungando una mano
avrebbe potuto toccarla, eppure sembrava così lontana, persa, racchiusa in quel
pianto muto. Solo gli occhi mantenevano il contatto con quella stanza, con
quell’uomo. Occhi del colore del cielo, della pioggia, dell’acqua. Occhi del
colore del mare. Era un mare calmo quello che la attraversava, dolce come la
nostalgia di un amore perduto tanti anni prima, portato via dalla corrente
della sera, e mai più ritornato.
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Vieni qui, bambina. Vieni qui.
Fecero
l’amore, in quella luminosa camera d’albergo, su quel letto bianco, sopra quel
marmo chiaro. Il corpo da uomo di lui sulla pelle dorata di Marta, sotto la sua
pelle di ragazza. Nella sua carne di donna. Tra le sue lacrime di bambina. La
baciava, ed erano baci di una dolcezza infinita. In quell’incontro di labbra, e
lingue, e pelle, e umori, quell’uomo cercava di asciugare tutte le lacrime di
un’intera vita, le sue mescolate con quelle di Marta, le stesse lacrime,
indistinguibili. Le beveva, e gli tornava in mente il sapore del mare, il
profumo della salsedine.
Marta
godeva, e non chiuse mai gli occhi. Erano occhi del colore del mare. Infiniti,
smisurati. Occhi pieni di acqua salata, acqua che scorreva sul suo viso, sulla
pelle di quell’uomo che la possedeva e la baciava – erano baci di una dolcezza
infinita – acqua e onde che seguivano il ritmo di quei due corpi che facevano
l’amore, asciugando in un gesto le lacrime di una vita intera.
Si
scambiarono l’anima donandosi vita, e vennero insieme, stringendosi forte come
nella paura di perdersi per sempre, in mezzo a lenzuola bianche, mentre un
vento leggero entrava dalla finestra, portando la voce lontana delle onde e il
profumo della salsedine. Gonfiando le tende come fossero vele. Accarezzando la
pelle dorata di Marta. Stuzzicando la fantasia di un uomo. Asciugando le
lacrime di una vita intera.